venerdì 20 agosto 2010

Santiago, rewind

Di nuovo Santiago, ma stavolta non è uno scalo.
Con l'università s'è deciso che sarebbe stato meglio per la salute di tutti, dirsi che i corsi dell'Universidad Arturo Prat - sede di Iquique fossero sostanzialmente 'equipollenti' a quelli della sede della Capitale: è andata, trasferimento approvato.
Lo stesso aeroporto, lo stesso ingresso, con la differenza che è diventato un uscita e che oggi segnano 13° e non 3° come la mattina di due settimane fa.
Due settimane non sono niente, ma quel giorno che è durato 48 ore e migliaia di kilometri di cielo, sembra un vita fa; non posso che ringraziare per questo le persone che hanno fatto della città sulla costa del deserto più arido del mondo, un posto cui tornare col cuore. Solo due ore di sonno sulle spalle: il ‘Democratico’ (a una quadra da P.za Prat) ha ospitato una despedida prematura e commovente; che cari/e.
Per questo quando riapro gli occhi nel transfer che dall’aeroporto mi accompagna fino a calle Sotomajor, il sole illumina già l’erba e le montagne della cordigliera coperte di neve, e il breve tratto d’autostrada è già finito per rientrare nel caos delle poblaciones alla porta della città. 




Arrivato, troverò l’ospitalità dei pari, diffusi ovunque e la scoperta lenta e ingenua della metropoli; mi cercheranno - con moderazione - anche gli affanni dell’inizio, un posto dove dormire con sufficiente sicurezza per l’anno che viene, l’ombra dell’università allungata sulle giornate, gli aggiustamenti dell’esordio, la mappa, i nomi nuovi da imparare, da associare a dei volti, alle fermate della metro, a quelle delle micro, alle okupas, alle vie, agli uffici, alle piazze, alle zone.
La geografia dell’arrivo.

L’ennesimo attacco: di nuovo rewind // stop // play.

La canzone ch
e parte fa
And although
this boat is steady now
one wave could pull me under
and I'll be stranded out at sea
and I will pray that those rocks
will be there for me

[Rocks and daggers - Noah and the Whale]

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