lunedì 27 settembre 2010

ELGALPONAZO ANTIPEÑA


* Galpón Victor Jara.Huerfanos, Esquina Brazil. Pza Brasil *

teatro | interventi | banchetti | cibo | bibite y mas

COMBO GINEBRA
SONHORA DE ATAKAR
SKAITAL
CANDONGA Y LOS RESIDENTES
LA CULEBRERA
HUGO MORAGA

ingresso a sostegno dei prigionieri politici? 1500 $
passare la domenica con coppiette anarkopunk che ballano salsa e cumbia? non ha prezzo

video consigliato: Amor Encapuchado, Anarkia Tropical

lunedì 20 settembre 2010

Nada que celebrar

Il nazionalismo è una malattia infantile. È il morbillo dell'umanità
Albert Einstein
E' la stagione dell'amor patrio, e il Sudamerica recente, omogeneizzato dalla Storia Coloniale, gonfia il petto coi bicentenari. Il 2010 è toccato al Cono Sur: se in autunno festeggiava Argentina, ora è il Cile che orgogliosamente riempie le strade di bandierine, parate e patriottismo per il suo ipotetico compleanno. Il 18 di Settembre. 


Duecento anni di indipendenza dalla Spagna, dalla colonia madre, un processo identico a quello che toccò agli altri paesi sudamericani e non molto dissimile perfino da quello che celebrano con l'Indipendence Day gli americani: le elitè borghesi emigrate, si arricchirono sufficientemente per avviare un proprio processo di dominazione, autonomo e indipendente dalla vecchia madre patria, senza un briciolo di riconoscenza per chi aveva avuto il merito di spianargli il terreno, avviando i primi centri coloniali, le prime tratte di schiavi, le prime pulizie etniche. I coloni avranno due secoli di potere per affinare e limare meglio le contraddizioni sociali, naturalmente nel solco della tradizione Spagnola, ma piantando sul cranio degli sfruttati e dei popoli originari la propria bandiera. Nel caso del mercenario O'Higgins il proprio fulgente tricolore.

Mentre i prigionieri politici mapuche arrivati a due mesi di sciopero della fame, sono sul punto di morire, i cileni si lanciano nel vortice loco della Festa Patria: uno sperpero di denaro, alcool, locura generalizzata, bandierine, balli e cotillion.

Le forze di sinistra e dei movimenti sociali tentano di appropriarsi del significato dei concetti che non riescono a battere: per questo ognuno, come può, gli da il senso che crede, facendo finta di non vedere che non c'è insubordinazione nel celebrare un Bicentenario Popolare. Perchè non si tratta davvero di strappare il significato e renderlo significante: è invece una maniera comoda per chi lo serve in tavola, e un favore alla dirigenza nazionale. Un inculata per chi deve digerire il boccone, chi in duecento anni ha solo visto cambiare camicia all'oppressore.
Così da farglielo ingoiare, mentre sorridono, perchè finalmente convinti di aver mangiato ostriche del profumatissimo pezzo di merda, qual'era.




Ma non è un male solo latino-americano, e non è solo il nazionalismo che si serve alla tavola dei 'post'. Le 'istituzioni del comune' che stanno diventando il lume dei rivoluzionari d'Europa hanno gli stessi ingredienti.
Difatto sul camion che apriva la parata del Bicentenario Ciudadano y Popular (che hanno organizzato le associazioni studentesche, il Partito Comunista e l'associazione di vicini del quartiere) campeggiava lo striscione: 'Per una cittadinanza latino americana'... Mi ricorda qualcosa?

Comunque 25.000 presenze per un Festival Popolare in Città, non è male e magari non tutti dan gran caso al menu. Così il
salone della casa è diventato per un giorno centro video, computer e web-streaming della Festa.

Digestivo consigliato
: NadaQueCelebrar [video]

domenica 12 settembre 2010

Di corsa tra le tombe

Al Cimitero Monumental di Santiago termina con i più violenti disordini registrati nell'era democratica, la manifestazione convocata dai partiti di sinistra e dalle associazioni per i diritti civili, e dei familiari dei desaparecidos. Gruppi di incappucciati attaccano la stampa e i Carabineros.


Nella notte, come da tradizione, nelle poblaciones della Capitale, si ricorda il Golpe militare erigendo barricate e dando vita a disordini. Una decina i carabinieri feriti da armi da fuoco e pietre  mentre molte zone della periferia hanno subito il corto della corrente. Oltre duecento gli arresti per gli attacchi e i saccheggi.

lunedì 6 settembre 2010

Quei Mapuche così poco attuali


I meriti letterari di Isabel Allende sono fuori discussione, ma è necessario fare alcune considerazioni riguardo al premio nazionale di letteratura. In tutti i paesi che lo contemplano, questo genere di premio è conferito come riconoscimento di tutta una vita dedicata alla scrittura e in nessun caso l'eventuale successo di vendite di una scrittrice o di uno scrittore viene confuso con il suo potenziale mercato internazionale - sia esso d'oro o da due soldi, perché questo vuol dire confondere capre e cavoli.

Il premio poi non diventa l'argomento polemica dell'anno; in Cile invece, poiché il presente è - terremoto incluso - piuttosto sporco, viene allora rimpiazzato da un'attualità rozza e banale che riempe le televisioni e quasi tutti gli spazi consentiti. Agli occhi del mondo intero bisogna nascondere un fatto, occultarlo, negare la sua esistenza perché i 32 mapuche che stanno affrontando un lungo sciopero della fame, mettendo in pericolo le loro vite, è cosa che inquina l'attualità, in cui campeggia una sorta di dibattito intellettuale rozzo e banale.

Per la maggior parte dei cileni, siano essi scrittori, scrittrici o gente che si dedica allo sport della «cilenitudine», i mapuche non esistono, e se per caso qualcuno accetta il fatto che i mapuche esistono da prima dell'arrivo degli europei, li considera fastidiosi perché non accettano il loro ruolo di «suppellettili etniche» o perché sono contadini il cui unico destino non è altro che quello di fornire manodopera a basso prezzo.


Quei tappetti vanno bene per i lavori domestici, per quanto le peruviane sono più economiche; quei piccoli mapuche sono esperti di giardinaggio, di idraulica, sono quelli che castrano i gatti e che ne capiscono di piante selvatiche. Per duecento anni si è occultato, ignorato, negato uno dei fatti più sporchi della nostra storia: il saccheggio, il furto, l'usurpazione delle terre appartenenti a quella grande aggragazione umana chiamata il popolo dei mapuche.
 

Dalla dubbia dichiarazione d'indipendenza, manipolata dai primi figli e nipoti dei colonizzatori - può questo essere motivo di festeggiamenti? - fino al recupero di una democrazia concepita dalla cricca della dittatura di Pinochet, le proteste sacrosante dei mapuche sono state ignorate o relegate ai faldoni dei problemi che si risolvono con il tempo. Ovvero, quando i mapuche spariranno come popolo, come nazione, come etnia, come parte integrante della cultura americana. Persino durante i mille giorni di governo Allende si affrontò a malapena la questione, contando sui benefici di una riforma agraria che non tenne conto affatto del sentire culturale dei mapuche, e che ignorò il loro speciale rapporto con la terra e con l'habitat, imprescindibile per la Gente della Terra.

Sono disgustato quando, dopo un giro di acquavite peruviana, biondicce e biondicci di tutte le età e classi sociali, esprimono orgogliosi la gioia di avere qualche goccia di sangue mapuche nelle vene. Allora: «Dai bisogna portarci questo scrittore», e mi invitano ad andare a visitare i loro terreni o i loro poderi nella regione di Araucania, perché veda i mapuche e le belle cose che fanno al telaio. «Se siamo fortunati - aggiungono - magari vedi qualcuno che suona il corno».
 

Lo sciopero della fame dopo una settimana causa pericolose alterazioni nell'organismo. E' evidente quindi che uno sciopero della fame che dura da più di un mese causa dei danni irrecuperabili. Le alterazioni del ritmo cardiaco e della pressione, avvicinano alla morte, ma è la morte dei mapuche, di un po' di uomini e donne sopravvissuti alla pace dell'Araucania. «Sono testardi questi mapuche», aggiungono, che si rifiutano di accettare passivamente la fine della vita, così spogliati della loro terra senza la quale non sanno, non possono e non vogliono vivere.
 

Nel deserto di Atacama ci sono 33 minatori rinchiusi sotto una montagna. Sono uomini coraggiosi che non dovrebbero trovarsi sotto tonnellate di pietra se l'azienda mineraria avesse rispettato le norme internazionali della sicurezza del lavoro. Dovrebbero trovarsi ora insieme alle loro famiglie se in Cile l'esigenza di rispettare le norme non fosse considerata un attentato alla libertà di mercato. Quei minatori e la possibilità effettiva - perché le leggi le fanno i padroni a loro uso e consumo - che l'azienda non gli paghi i giorni trascorsi a lavorare lì sepolti, e i giorni che rimarranno lì sepolti fino a quando non li recupereranno, fa parte dello sporco presente del Cile, un presente immobile dal giorno in cui la dittatura ha consegnato il paese ai capricci del libero mercato. Un mercato che genera ricchezze di origine dubbia, come quella dell'attuale presidente.

E anche questo presente è stato occultato, negato, ignorato da tutti coloro che hanno governato potenziando e glorificando il libero mercato. È disgustosa l'epidemia di patriottismo rozzo e banale che la tragedia delle miniere ha suscitato. E' disgustoso vedere soggetti come Leonardo Farkas, quel milionario dalla perenne abbronzatura made in Miami, di origine e stile come quelli di un Berlusconi o di un Piñera, che regalano cinque milioni di pesos alle famiglie dei minatori rinchiusi, senza alcuna progettualità politica, evidentemente. Quando quei minatori saranno recuperati - e devono essere liberati costi quel che costi - se qualcuno di loro dovesse insistere sull'esigenza di un impegno statale che tuteli la sicurezza del lavoro, costui verrà sanzionato con la legge anti-terrorismo?
 

I minatori di Atacama, così come il premio nazionale di letteratura, fanno parte di quell'attualità che nasconde, occulta e nega il presente più sporco, e questo è il lungo presente dei mapuche. Trentadue uomini del sud rischiano di morire perché chiedono la libertà di prigionieri politici di una democrazia dettata dagli interessi di mercato. Chiedono il riconoscimento legale di uno Stato di Diritto, chiedono che cessi di essere loro applicata l'odiosa legge anti terrorismo che ha eliminato la presunta innocenza e contempla accuse da parte di testimoni incappucciati, processi a porte chiuse, incubi pseudo legali che li condannano a prendere posizioni radicali: ma questo è quel che vuole lo Stato cileno, per giustificare lo sterminio, la soluzione finale del problema dei mapuche.
 

In Cile, questo strano paese che si affaccia sul mare e alla mercè dalla sua padrona - l'attualità inventata - si respira un presente carico di lerciume e infamia. Adesso l'attualità contemplerà i fasti del bicentenario, nelle osterie si sbaverà cilenitudine, anche la merda puzzerà di patriottismo, volenti o nolenti, il barbaro lemma nazionale sarà l'inno agglutinante di milioni di analfabeti sociali, e nel sud, nel profondo sud, i Mapuche, la Gente della Terra, persevererà la sua giusta lotta, negata, ignorata, occultata, repressa, falsificata dai paladini della cilenitudine, nelle cui vene - così dicono orgogliosi - scorre sangue mapuche.

Quei 32 mapuche che si giocano la vita nelle carceri del sud, sono coloro a cui si riferiva Ercilla quando scrisse sulla terra australe: «La gente che la abita è così superba, gagliarda e bellicosa/che non è stata mai battuta/vinta da alcun re/né mai sottomessa a dominazione straniera». 


Luis Sepulveda

venerdì 3 settembre 2010

3° giornata di mobilizzazione per i Prigionieri Politici Mapuche

" La jornada de este 1 de septiembre fue la 3° jornada de movilización a nivel nacional e internacional para la libertad de los presos políticos mapuche secuestrados por el Estado Chileno y en huelga de hambre hace 52 dias.
En Santiago, Valparaíso, el Sur, Bariloche y Canadá se salio a las calles
.

[...]

De esta manera en Santiago se juntaron algo mas de 3.000 personas en el centro que marcharon, lamentablemente, en forma pacifica por Ahumada, Compañía, Estado y devuelta hasta la Alameda donde algunos compas rompieron con la pasividad alienante que día a día contemplamos en el camino del trabajo-a-la-casa y enfrentaron a las fuerzas represivas. Bueno, no fue mucho, pero peor es mascar lauchas. La cuestión es que el “espíritu”, la “actitud” siga vigente antes que bajar los brazos, en pos que se propague. "

giovedì 2 settembre 2010

Il cebiche inevitabile


Secondo l'etimologia della Real Academia Espanola, la parola 'Ceviche' viene dall'arabo ﺳكباج (sikbāǧ): un método di conservare cibo per mezzo di acidi, come l'aceto.
Secondo lo storico peruviano Javier Pulgar Vidal, il nome viene invece da una parola quechua 'siwichi', che significa pesce fresco.L'ipotesi maggiormente avvalorata è che le due parole si confusero durante la conquista per gli Spagnoli dell'Impero Inca.

In Chile si diffonde soprattutto per la recenti immigrazione peruviana, che è di fatto la più massiccia nonchè la più osteggiata dai razzisti.

Dopo averlo provato quella domenica a casa della signora Rosa, un ristorante per sei posti massimo, che lavora solo il sabato e la domenica, ingresso strada al lato della piazzetta del quartiere, che nel resto della settimana è il salotto dove vive, ho imparato il cebiche.
Era inevitabile.



" Lavate il pesce - qualsiasi - e tagliatelo a dadini.
Saltelo e conditelo con il peperoncino macinato e l’aglio tritato.
Mettetelo a marinare nel succo di limone.
Bastano pochi minuti, nella versione tradizionale peruana.
Nel frattempo tagliate a fette sottilissime la cipolla, lessate le patate e il mais gigante, e qualche patata dolce. Servite in un piatto gigante ... "
Duena Rosa
(da Lima a Santiago, sola andata - per ora)