venerdì 6 agosto 2010

Bienvenidos en Chilefornia



Iquique non è una città in cui arrivare nei giorni d’Inverno in cui una nebbiolina fitta copre le enormi montagne desertiche. Queste si alzano imponenti sopra l’ultima fila di baracche sdraiate dietro l’ombra del muro di grattacieli americaneggianti a ridosso della spiaggia. Ci sono altri giorni che il sole scalda la faccia e fa della I° region la zona del cono sur dove le guide suggeriscono di 'svernare'.

Un lungomare tirato a lucido, e i primi surfisti - biondi - che ti lasciano intendere che se ora sono poche decine, col caldo saranno migliaia. Dietro la finzione per le cartoline c’è una città che non ha i marciapiedi. Ossia che l’asfalto si ferma a pochi metri dalle case, e la sabbia desertica ti accompagna fino all’uscio. Case basse un piano, al massimo due, e fili elettrici a vista, ovunque. Il centro è quel che resta di un impero costruito sull’estrazione mineraria. Stile coloniale, per le cartoline.

L’università è messa sul lungomare, proprio davanti a uno skatepark enorme che si gode la spiaggia e il mare. Dopo una certa ora è bello rimanere a guardare le facce di bimbi indigeni vestiti come i coetanei della periferia losangelina.

Pochi kilometri più giu, nei barrios del settore Sur, la realtà delle comunità di pescatori immigrati vi riporteranno coi piedi per terra.

Iquique è una città, che dimenticata la fortuna delle miniere ha pensato bene di risollevarsi diventando zona franca. Per questo è una delle zone più ricche del paese. E commerciali, nel bel mezzo di quello che fu il deserto degli aymara.


Chayenne sopra la sabbia nera e i rifiuti delle aree non asfaltate, televisori al plasma dietro i vetri delle case basse, file nella Zofri iperhitech, e in coda al mercato la mattina all'alba per alimenti a prezzi convenienti. La città ha sposato il verbo del consumismo senza togliersi i panni della miseria. Nessuna remora, sembra normale.

Nessun commento:

Posta un commento